07.03.2014

Per quanto tempo vanno conservate le schede e le registrazioni HACCP?

RISPOSTA

La normativa che regola il periodo di conservazione delle Schede di Registrazione predisposte nell’ambito del sistema HACCP è il Regolamento (CE) 852/2004 il quale nell’art. 5, comma 4, lettera c), recita: “Gli operatori del settore alimentare:

 a) … omissis;

b) garantiscono che tutti i documenti in cui sono descritte le procedure elaborate a norma del presente articolo siano costantemente aggiornati;

c) conservano ogni altro documento e registrazione per un periodo adeguato”

Appare chiaro che secondo il Regolamento le registrazioni relative all’autocontrollo alimentare devono essere conservate per un periodo adeguatolasciando esplicitamente comprendere con

ciò che questo periodo dovrà essere stimato dall’OSA (Operatore del Settore Alimentare) in base

all’attività svolta, al tipo di produzioni, ecc.

Si dovrebbe pertanto verificare se la normativa della propria Regione prevede dei specifici tempi di conservazione delle schede, qualora non ci dovessero essere dei limiti temporali ben regolamentati sarebbe opportuno programmare l’archiviazione delle schede di registrazione, compatibilmente con altre esigenze aziendali, per un tempo il più lungo possibile e ad ogni modo non inferiore ad un anno. Nel predisporre il tempo di conservazione non va dimenticato che l’archiviazione delle schede di registrazione (relative alle temperature dei frigoriferi, delle celle frigo, dei freezer, della cottura, relative alle sanificazioni, alle determinazioni analitiche di tipo microbiologico, all’aggiunta di additivi, ecc.) costituisce il cosiddetto storicodell’azienda il quale in determinati casi ( es. contenziosi, dibattiti) può essere molto utile per dimostrare che l’azienda si è costantemente auto monitorata senza censire delle situazioni pericolose per la salute umana.

 

dalla  Commissione permanente di Studio Igiene, Sicurezza e Qualitàdell’ONB.

 

 

07.03.2014

E' necessario dotarsi di un termometro a sonda?

RISPOSTA

L'attuale normativa sull'igiene degli alimenti prevede il controllo costante del funzionamento delle attrezzature di refrigerazione, controllo che viene effettuato con la lettura dei display in dotazione alle attrezzature stesse, ovviamente ciò non è sufficiente e bisogna effettuare controlli periodici con un termomentro che viene definito "di controllo".

Quale termometro può soddisfare al meglio questa esigenza? Naturalmente un termometro a sonda che  rapidamente indichi la temperatura così da poter effettuare più misurazioni nell'arco di una mezz'ora; termometro che abbia un range di misurazione ampio ad esemio da -50°C a  + 150°C. Un termometro  siffatto soddisfa  contemporaneamente le esigenze di chi effettua la cottura di verificare che essa rispetti i paramentri adeguati. E' per questo motivo che si consiglia l'utilizzo di un termometro a sonda con asta in acciaio che possa essere utilizzata per verificare le temperature di cottura al cuore del prodotto di liquidi e solidi.

A sua volta il termometro di riferimento deve essere periodicamente sottoposto a taratura.

Oggi in commercio esistono dei buoni termometri a costi relativamente bassi che consentono di soddisfare tutte le esigenze di un operatore del settore alimentare. Per la taratura non è necessario effettuarla presso un ente. Noi possiamo dirvi come fare consultateci.

Come deve essere effettuato il monitoggio infestanti?

19.03.2014

 

RISPOSTA            

Secondo il sistema H.A.C.C.P.  tutte le "aziende alimentari" DEVONO monitorare costantemente ogni possibile punto di contaminazione della catena alimentare.

Tenere sotto controllo gli ambienti dove si trasformano, si vendono,  si somministrano ma soprattutto si conservano (magazzini)  gli alimenti è pertanto indispensabile per valutare un' eventuale infestazione e verificarne l'andamento per identificare gli eventuali infestanti e quindi  per pianificare interventi mirati.

Molti infestanti vengono veicolati con le merci, un imballo o una scatola possono costituire un vettore per insetti e roditori. E' determinante  pertanto tenere sotto costante controllo gli ambienti e le aree sensibili.

Il solo moniroraggio visivo degli ambienti non viene però considerato sufficiente. Un programma di monitoraggio deve necessariamente prevedere un'analisi aziendale grazie alla quale:

 si devono individuare dei punti ove collocare alcune esche specifiche;

si deve procedere quindi a collocare il giusto quantitativo di esche/ dispositivo 

si deve procedere alla loro numerazione.

Il tutto deve essere riportato su planimetria (per le piccole aziende è sufficiente indicare la collocazione di ciascuna esca/dispositivo su un registro dove verranno successivamente registrati i risultati del monitoraggio).

L'azienda deve procedere ad un controllo costante delle esche e ad una registrazione periodica generalmente a scrittura mensile dove si riporta l'esito del monitoraggio eseguito.

Le esche si ricorda saranno differenti a seconda dei parassiti che è necessario monitorare, quindi si dovranno collocare esche per roditori, per insetti striscianti e per insetti volanti, tutti possibili portatari di patologie in alcuni casi gravissime.

 

 

26.06.2014

ESISTONO DELLE LINEE GUIDA O UNA NORMATIVA IN CUI VIENE INDICATA LA TEMPERATURA DI CONSERVAZIONE DI PRODOTTI DI SALUMERIA CRUDA, STAGIONATI ED INTERI?

RISPOSTA

Attualmente non esiste una normativa specifica che indichi la temperatura di conservazione di prodotti di salumenria crudi e stagionati. Questi alimenti appartengono alla categoria dei "prodotti a base di carne" cioè di quei "prodotti trasformati risultanti dalla trasformazione di carne (...) in modo tale che la superficie di taglio permette di constatare la scomparsa delle caratteristiche delle carni fresche".
Tale definizione è presente nel Reg Ce 853/04 ed è lo stesso regolamento che stabilisce le norme igieniche per la prevenzione di questi prodotti.
Tuttavia, a differenza di quanto esplicitamente riportato per alimenti a base di carne fresca, per i prodotti a base di carne non viene specificata alcuna temperatura di stoccaggio.
Può essere utile a questo punto "prendere in prestito" quanto stabilito dai disciplinari di produzione di alcuni tra i salumi tipici del nostro territorio.
Per quanto riguarda il Prosciutto di Parma e il Prosciutto San daniele, ad esempio, viene richiesta una temperatura di stoccaggio  compresa tra  -1°C  e + 4°C.
Riteniamo che questa possa essere un'indicazione utile da seguire anche per quei salumi che non sono sottoposti ad una disciplinare di produzione.
(F. Alimenti & Bevande Nov-Dic 2013)
 
22.07.2014
 

Sono obbligatorie le analisi microbiologiche? Alcuni operatori appartenenti agli organi ufficiali di controllo suggeriisconoo agli osa di non effettuarle perchè non sono richieste.Come ci si deve comportare?

L'obbligatorietà circa l'effettuazione di analisi microbiologiche sia di alimenti che di matrici ambientali viene stabilita d norme quali: reg. CE 853/2004, reg. CE 854/20004, reg. CE 2073/2005, reg.CE 1441/2007 e o.m. 11 ottobre 1978 quando la stessa non è in contrasto con i suddetti regolamenti.
Laddove non prevedono un obbligo legislativo PERENTORIO, tali norme citano il termine "SE NECESSARIO" ( art.5, comma 2, del Reg. CE 2073/2005). 
Lo stesso sta a significare che la valutazione circa l'effettuazione di campionamenti relativi a matrici ambientali e attrezzature viene lasciata all'operatore del settore alimentare, che se ne assume tutta la responsabilità
All'autorità sanitaria competente spetterà il compito di giudicare positivamente o negativamente la valutazione effettuata.
Qanto suggerito dagli organi ufficiali di controllo può essere ritenuto opportuno per quelle attività limentari dove l'analisi dei pericoli esclude rischi microbiologici di sicurezza alimentare che possano rappresentare un pericolo per la salute pubblica.
Alla luce di quanto esposto è necessario affidarsi al proprio consulente che saprà di caso in caso valutare i rischi e effettuare un adeguato piano di autocontrollo ove inserire i controlli microbiologici necessari sia qualitativamente che numericamente.
 
F.Alimenti & bevande 6/2013
 
25.08.2014

Quali esche si possono utilizzare nei locali di lavorazione degli alimenti?

In  base  a  quello  che  è  il  pacchetto  igiene  e  in  particolare  a  ciò  che  concerne l'HACCP  sappiamo  che  lì  dove  si  lavorano  o  immagazzinano  alimenti,  bisogna fare  in  modo  che  nulla  di  tossico  venga  immesso  o  venga  tenuto  negli  stessi locali, questo al fine di evitare, per quanto è possibile, che gli alimenti entrino in contatto con sostanze tossiche.  

Per  “esche  tossiche” relative al discorso derattizzazione si intende: esche alimentari con all'interno un principio attivo anticoagulante. 

Le  esche  alimentari  possono  essere  di  vario  tipo:  pasta  fresca,  blocchetti paraffinati,  zollette  paraffinate,  grano,  pellettato,  ecc.  
Oggi, in base a quella che  è  la  nuova  normativa,  che  deriva  dalla  normativa  europea  sui  biocidi, essenzialmente  si  utilizzano solo  due  formati:  "pasta  fresca"  e  "paraffinato  in blocchi" entrambi i formati sono da 20g.   
Tecnicamente  non  si  può tenere nella  stessa  area  di  stoccaggio  (magazzino, dispensa,  ecc.) pane e vernici o pasta e detergenti e quindi a maggior ragione non  si  possono  stoccare  alimenti e veleni  nei  medesimi  ambienti anche se entrambi confezionati.   
Per  quanto noi  possiamo proteggere  l’esca nascondendola c'è sempre il rischio che un muride entri, prenda un po' di derattizzante e lo porti in giro per i locali o peggio  che  il  roditore  avvelenato  muoia  in  aree  non  accessibili  o  finisca  in  una confezione.    A  questo  aggiungiamo  tutto  quello  che  è  riportato  nel  Decreto Sicurezza 81/08 “bisogna evitare che i lavoratori entrino in contatto con sostanze tossiche...” quindi il derattizzante non può entrare neanche in aziende dove non si produce cibo!  
 
F. Commissione permanente dell'ONB "Igiene sicurezza e qualità".
 
1.09.2014

Cosa bisogna fare se le analisi effettuate risultano non conformi?

 Risposta:

Può capitare che l'analisi effettuata su un tampone strisciato su una superficie sanificata risulti non conforme,, allora ci si chiede cosa fare se conservare o buttare via il risultato. Certamente un corretto autocontrollo prevede che non solo non si butti via l'esito dell'analisi effettuata ma bisogna riperete il prima possibile tale analisi se si è certo di avere effettuato una corretta sanificazione per individuare il problema. Magari un sanificante utilizzato male una cattiva diluizione qualora questa sia prevista può essere il problema o più spesso tempi di esposizione troppo limitati I tempi di esposizione sono importantissimi e vanno rispettati se si vuole effettuare una corretta sanificazione della strumentazione utilizzata. I prodotti utilizzati devono rimanere sul substrato per un tempo sufficiente per eliminare la carica batterica presente altrimenti la sanificazione sarà inefficace. Parliamo di sanificanti che ovviamente non fanno miracoli.

Un risultato diverso da quello che ci si aspetta ci deve fare riflettere, ripercorrre tutte le fasi con attenzione per individuare l'errore che sicuramente c'è e che spesso viene sottovalutato. Una volta individuato il problema si deve procedere alla rimozione dello stesso e quindi si possono riperete le analisi nuovamente. Il nuovo risultato sarà certamente favorevole ovvero conforme e l'operatore del settore alimentare avrà operato nel rispetto del piano di autocontrollo e del buon senso!!!